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La nuova cattedrale di Caserta, intitolata a San Michele Arcangelo, sorse per volere del re Ferdinando I e dell'amministrazione civile della città al fine di soddisfare le richieste di una popolazione in continua crescita. Progetto che sia i rappresentanti del potere civile, sia quelli del potere religioso, andavano auspicando da tempo. Il pretesto fu dato nel 1783 dalla distruzione, per un incendio, della parrocchia dì San Sebastiano.

La parrocchia fu trasferita nella antica chiesa dell'Annunziata, le cui dimensioni però poco si confacevano alle nuove esigenze di culto cittadino.
L'Annunziata, di patronato dell'Università di Caserta, era passata nel 1498 ai Padri della Madonna del Carmine, che vi rimasero fino al 1783, anno per l'appunto, dell'incendio di San Sebastiano.
Il Sindaco di Caserta nel 1815, incaricò l'architetto dì corte Giovanni Patturelli di realizzare un disegno di ampliamento dell'antica chiesa della Annunziata. Molte polemiche ed altrettanti cambiamenti fecero seguito a questo primo progetto, dando luogo ad una querelle che durò oltre un decennio.
Giovanni Patturelli nativo del Canton Ticino e membro di una famiglia di architetti, si era formato alla scuola di Francesco Collecini, aiutante di Luigi Vanvitelli. Grazie al Collecini egli ebbe incarichi di prestigio dal re Ferdinando I di Borbone, tra cui la fondazione della Colonia di San Leucio, il casino di San Silvestro ed il completamento della chiesa della Madonna delle Grazie alla Vaccheria.

Il primo disegno presentato dal Patturelli non piacque ad alcuni membri del decurionato, che pertanto si rivolsero al re il quale stabilì che la nuova chiesa doveva servire da cattedrale e formò una commissione al fine di valutare le proposte e scegliere il sito migliore. Nel frattempo l'architetto Patturelli preparava un nuovo disegno. I moti del 1820-1821 provocarono l'interruzione dei lavori ed in seguito il re decise di far costruire la nuova cattedrale sull'area della vecchia chiesa dell'Annunziata, secondo un progetto del Patturelli riveduto con le modifiche del Bianchi, primo architetto di casa reale.

Il 30 maggio 1822 fu posta la prima pietra.

Le spese per la nuova costruzione ammontarono a ducati 130000. I lavori furono ultimati nel marzo del 1832 e nell'aprile successivo la chiesa fu aperta al culto.

La costruzione, che durante la lunga esecuzione era stata sottoposta ad una serie di modifiche, alla fine non piacque né al re, né al Comune, né ai cittadini, tanto che il Patturelli dovette dichiarare pubblicamente che i disegni erano stati alterati dal Bianchi.
Il 5 dicembre 1832 la direzione dei lavori passerà all'architetto Carlo Diversi e nel 1837 a Pietro Valente, direttore del Real Istituto di Belle Arti di Napoli, che stravolgerà definitivamente il progetto originario del Patturelli.


 

Il 2 febbraio 1842 con una solenne processione della statua dell'Arcangelo San Michele, titolare della chiesa e protettore della Diocesi casertana, si svolse la traslazione dalla vecchia alla nuova cattedrale.


Il 27 agosto 1943 due bombe caddero sull'annesso seminario riportando danni anche alla cattedrale, in particolare al soffitto cassettonato della navata centrale e all'intera zona absidale. Negli anni Settanta del Novecento, secondo le norme del Vaticano 11, fu trasformato il presbiterio, fu innalzato il piano di calpestio, per ricavarne la cripta, e furono eliminate le transenne. Nel 1997 l'abside fu arricchita di un nuovo altare maggiore ed infine è del 2000, anno giubilare, il nuovo e maestoso portale di accesso al tempio.
L'Arciconfraternita di San Giovanni Battista a sinistra, e la cappella del seminario a destra, incorniciano la facciata della cattedrale, di impianto neoclassicista ad emulazione degli antichi tempi romani. Il pronao preceduto da una gradinata in pietra di Bellona è sormontato da un timpano sostenuto da pilastri. Stucchi bianchi decorano le pareti della facciata. Al centro del timpano è un medaglione con la scritta "QVIS VT DEVS", al di sotto del quale si osserva lo stemma del vescovo Gabriele Moríondo, posto a coronamento della finestra "a coda di pavone". Ai lati del finestrone sono i due angeli reggighirlanda a bassorilievo, opera dello scultore Angelo Solari. Nato a Caserta nel 1775 e morto a Napoli nel 1846, figlio d'arte, il Solari fu apprezzato scultore presso la corte dei Borbone. Al di sotto dei due angeli si aprono due nicchie, in cui sono custodite le due statue in gesso di San Sebastiano a destra, e di San Michele Arcangelo a sinistra. Ai lati due volute di raccordo sono affiancate da piccoli pinnacoli.
Un'ampia fascia separa i due ordini della facciata. Su di essa è inciso "CHRISTVS VINCIT CHRISTVS REGNAT. CHRISTVS IMPERAI". Al di sotto cinque pilastri, intervallati da sei bassorilievi con teste di cherubini e festoni di alloro, scandiscono l'ingresso al portico. Oltrepassata la cancellata si accede al pronao su cui si aprono i tre portali della chiesa. Ai lati del portale maggiore vi sono due lapidi a sinistra ed altrettante a destra. Le lapidi più grandi sono anche le più antiche: quella a sinistra del 1842 è posta a ricordo della consacrazione a nuova cattedrale avvenuta "sotto gli auspici di San Michele Arcangelo e alla presenza delle maestà Ferdinando II e Maria Teresa il 2 febbraio 1842". La lapide a destra indica la storia dell'antica chiesa carmelitana divenuta poi parrocchia di San Sebastiano. Le due lapidi più piccole furono poste a sinistra nel 1858 dal vescovo Enrico De Rossi, e a destra nel 1986 dal vescovo Vito Roberti.


Il portale maggiore è la "porta santa" realizzata dal contemporaneo artista sacerdote don Battista Marello. Battista Marello, è una personalità complessa, interprete dei nostri giorni, che nelle opere vive la sua indole sperimentativi e la sua non comune forza comunicativa. Le tensioni prospettiche convivono con le esaltazioni cromatiche, la sua creatività prende forma nei disegni, nelle tele e nelle sculture, che arricchiscono alcuni dei più importanti spazi pubblici e religiosi di Terra di Lavoro.
La grande porta bronzea rappresenta la sintesi dell'iconografia cristiana e della Chiesa casertana. In basso è l'emblematico incontro tra il pontefice Giovanni Paolo II ed il vescovo Mons. Raffaele Nogaro avvenuto nel 1992.
Intorno alla scena centrale si sviluppano i simboli cristiani delle spighe di grano e dei grappoli d'uva, tra i cui tralci si leggono i nomi delle chiese casertane. In alto tra l'angelo ed il leone, il toro e l'aquila, simboli degli evangelisti, si erge trionfante la figura di Cristo ai piedi della quale, sulla destra, è inciso il nome di "MARIA". Ed al centro, ad unire la sfera terrena con quella celeste, la grande colomba dello Spirito Santo.

All'interno l'impianto della chiesa a croce latina è modulato dal motivo dell'architrave. Dodici colonne con capitelli corinzi, dividono la chiesa in tre navate, con transetto alla croce ed abside centrale. La navata centrale è per dimensioni tre volte più grande delle navate laterali. La copertura del soffitto è piana e realizzata con un cassettonato a stucco, attaccato ad una soffittatura pensile, fissata alle capriate lignee sovra¬stanti. Quattro grandi archi segmentano la navata centrale e la zona absidale: il primo incornicia l'organo, il secondo funge da arco trionfale aprendosi sulla croce del transetto, il terzo sovrasta l'altare maggiore ed il quarto divide l'abside dal coro.

Il pavimento, opera di Armando Castellano, è a quadroni di marmo bianco di Carrara e di bardiglio, fatto realizzare dal vescovo Gennaro Cosenza nel 1912, come recita la lapide posta sul pavimento all'ingresso centrale "CATHEDRALIS HUIUS ECCLESIAE/ PAVIMENTUM/ JANUARIUS COSENZA EP: CASERTANUS/ MARMORIBUS STERNI/ JUSSIT/ ANNO DOMINI MCMXII".

Il partito decorativo della chiesa è per imponenza degno del suo ruolo di nuova cattedrale. Il programma iconografico alla base della decorazione pittorica della basilica raffigura l'intera famiglia celeste: dai profeti agli evangelisti, dai santi più cari alla devozione locale al San Michele intitolatario della chiesa, dai santi fondatori di ordini religiosi agli angeli ed agli Arcangeli.
Per godere appieno di tale ambizioso e complesso impianto decorativo bisogna porsi dinanzi l'ingresso centrale, da dove inizia la nostra visita.



La controfacciata della chiesa è dominata dal grande organo a canne posto sulla scenografica balconata, opera dei fratelli organari Vincenzo ed Angelo Santoro di Castelfranci di Sant'Angelo dei Lombardi (AV). Inaugurato dal vescovo Gennaro Cosenza il 16 aprile 1896, giorno consacrato alla Vergine del Buon Consiglio, è alto m. 7,50 e largo m. 4,50.
Alle spalle dell'organo, si osserva dipinto a trompe l’oeil un ampio tendaggio.

La navata centrale è illuminata da tre finestroni per ciascun lato, intramezzati tra loro da sei grandi tele: sulla sinistra il Battesimo di Cristo di Luigi Angelini del 1839, la Resurrezione di Cristo di Paolo De Matteis dei primi anni del Settecento ed un monocromo con palme e corone d'alloro della metà del Novecento.
Sulla destra degli stessi anni si osservano in posizione speculare: il Riposo durante la fuga in Egitto dell'Angelini , le tre Marie al sepolcro del De Matteis ed il monocromo gemello di quello di fronte.
Paolo De Matteis (1662-1728) è tra i più brillanti esponenti della pittura barocca tra fine Seicento ed inizio Settecento. Allievo di Luca Giordano, si trasferì poi a Roma entrando in contatto con i più grandi maestri della capitale. Ebbe importanti commissioni dal viceré di Napoli marchese del Carpio, da lord Shaftesbrury e dal principe Eugenio di Savoia.
Negli spazi di raccordo tra gli archi, le pareti ed il soffitto sono dipinti quattro santi da Luigi Taglialatela. Il pittore nato a Giugliano (NA) nel 1887 fu decoratore e scenografo al Teatro San Carlo di Napoli per circa vent'anni.
Un'esperienza importante che influenzerà la sua pittura eclettica legata alla corrente tardo romantica, e che gli consentirà di sfruttare al meglio lo spazio a lui concesso, facendo del sapiente uso della prospettiva il suo punto di forza. Attivo in tutto il territorio campano sue opere sono conservate anche in Calabria e in Puglia.
Ai lati dell'organo sulla sinistra si riconosce San Gregorio Magno con ai piedi un angelo che regge la tiara, sulla destra è Re David che suona l'arpa, firmato e datato "L.gi Tagliatatela 1928". Ai lati dell'arco trionfale sono raffigurati sulla sinistra Sant'Alfonso con a lato un dipinto della Vergine con Bambino, e sulla destra San Tommaso d'Aquino.
Nell'intradosso dell'arco (sottarco), da sinistra a destra, sono dipinti i profeti Jonas, Amos, Zacharias e Malachias. A destra della navata centrale, addossato all'arco trionfale, si erge il pulpito (1962) su quattro colonne di marmo bianco. È decorato con tre bassorilievi: sulla lastra principale l'Assunzione della Vergine, a sinistra San Sebastiano e a destra San Michele Arcangelo. Lungo i tre lati, da sinistra a destra, corre l'iscrizione:
"AD.MCMLXII BARTHOLOMEO MANGINO EP;TUS SUI XXV ANNIVERSARIUM CELEBRANTI CASERTANA DIOCESIS PERAMANTER OBTULIT".



A coronamento del pulpito è lo stemma del vescovo Mangino. Ai piedi dell'arco trionfale sono poste le due grandi statue lignee di San Pietro a sinistra, e San Paolo a destra.

La volta della crociera raffigura il Trionfo di San Michele Arcangelo sul demonio, firmato e datato "L.i Tagliatatela 1944".
L'opera appartiene alla fase tarda dell'artista e fu realizzata in seguito ai danni subiti nel bombardamento dell'agosto 1943.
Ai lati dei pilastri che precedono l'abside, nonché ai lati degli ingressi alla cripta, sono posti due monumentali candelabri. Nella cripta è custodita una creazione scultorea in bronzo e marmi di don Battista Marello intitolata Discentio ad Inferos.
In alto sui lati del terzo arco sono raffigurati: sulla sinistra San Prisco, e sulla destra Sant'Augusto, i due più antichi vescovi locali. Nell'intradosso da sinistra a destra si riconoscono Baruch, Oseas, Joel e Michaeas. Dalle estremità laterali del terzo arco partono i due archi di accesso ai cappelloni del transetto. Sull'arco a sinistra sono raffigurati San Marco e San Giovanni, divisi da un medaglione in cui si legge: "UNUS EST DEUS". Il suo intradosso racchiude le figure di Melchisedec ed Abraham. Sull'arco di accesso al cappellone destro si vedono San Matteo e San Luca, con al centro un medaglione "QUIS UT DEUS". Nell'intradosso sono raffigurati Aronne e Simeon.
L'ultimo arco dell'abside è decorato nell'intradosso con le figure di Isaia, Jeremias, Ezechiel e Daniel ed in parte cela la piccola calotta affrescata con un girotondo di angeli con al centro l'Occhio di Dio nel triangolo della Santissima Trinità.
Il presbiterio è suddiviso in due parti: il coro e l'abside, ed è coperto da una volte a botte a cassettoni e losanghe. Sulla parete concava dell'abside si osservano i cinque affreschi commissionati nel 1843 ad altrettanti artisti della Reale Accademia di Belle Arti di Napoli. Da sinistra a destra sono: la Resurrezione di Lazzaro di Francesco Oliva, la Resurrezione del figlio della vedova di Naim di Filippo Marsigli, l'Ultima Cena di Giuseppe Cammarano, la Guarigione del paralitico di Gennaro Maldarelli ed infine la Pesca miracolosa di Camillo Guerra. Al di sotto del primo e dell'ultimo affresco sono collocati gli stalli lignei del coro.
L'altare maggiore nel corso degli anni ha subito svariate trasformazioni. Oggi si osserva sul fondo l'antico altare in marmi policromi con portelle laterali, sormontate da timpani triangolari progettato dall'architetto Patturelli; ed in primo piano il nuovo altare, realizzato, a seguito delle norme del Concilio Vaticano II, da don Battista Marello ed inaugurato il 12 settembre 1997. Il pannello centrale rivolto al popolo è reso ancor più prezioso dalla croce incisa dal pontefice Giovanni Paolo II nella sua visita alla città del 23 maggio 1992. In quell'occasione il papa, alla presenza del vescovo Nogaro, impresse in una matrice il segno della croce sigillandolo con il proprio monogramma "JP II". Il paliotto posteriore raffigura Cristo Benedicente. Alle spalle della mensa è posto un pregevole seggio ligneo a tre sedute, con inciso alla sommità dello stallo centrale lo stemma del vescovo Cosenza.


 

Le navate laterali sono coperte da volte a gaveta, sono illuminate da tre finestre ed arricchite, su ciascun lato da tre altari, realizzati tutti a spese del vescovo Rozzolino nel 1852, il cui stemma è visibile sui pilastrini laterali ed al centro delle cornici che chiudono le nicchie. Sulla parte superiore delle pareti, all'interno di cornici in stucco con foglie d'acanto, sono dipinti ritratti di santi fondatori di ordini religiosi, quattro per ogni navata.
Sulla controfacciata al di sopra dell'ingresso è posto un dipinto di scuola manierista che raffigura l'Incredulità di San Tommaso. Alla sua sinistra in un oblò San Francesco di Paola fondatore dell'Ordine dei Minimi. Segue il fonte battesimale, al di sopra del quale si osserva una tavola con il Battesimo di Cristo sec. XVI. Tra due pilastri su cui sono posti due angeli reggitorcia in marmo bianco, è racchiuso il primo altare dedicato a San Francesco. Gemello degli altri cinque se ne differenzia per il solo medaglione posto al centro del paliotto dedicato alla Vergine di Lourdes. Nella nicchia è racchiusa la statua lignea di San Francesco, proveniente dalla precedente chiesa dei Cappuccini. Nell'oblò San Francesco d'Assisi che indica le stimmate con la mano sinistra, fondatore dei Francescani. A separare il primo altare dal successivo è il sepolcro del vescovo Enrico De Rossi, realizzato nel 1912 ad opera dello scultore marcianisano Onofrio Buccini. Il secondo altare è dedicato al Sacro Cuore di Gesù, la cui statua nella nicchia è incorniciata dalla scritta "AD VENIAT REGNVM TVVM IHS". Nel tondo è raffigurato il fondatore dei Domenicani San Domenico, che regge nella destra un giglio e nella sinistra la Chiesa cattolica. Il terzo altare accoglie la statua lignea di San Giuseppe con Gesù fanciullo ed il quarto oblò con San Benedetto fondatore dei Benedettini, che regge nella mano destra il libro delle regole. Sopra l'architrave di accesso al transetto è posta la tela con Gesù che guarisce il cieco, firmata e datata "L.Taglialatela 1930 A.VIII", tra le maggiori espressioni artistiche del pittore.
Si accede quindi al transetto sinistro con il cappellone della Madonna del Carmine. L'altare è inserito in un trompe l’oeil, che simula un deambulatorio chiuso da due colonne rosse con capitelli ionici, che reggono a loro volta, due timpani spezzati sormontati da angeli musicanti. La statua della Madonna del Carmine (1902) è posta in una scarabattoli di legno dorato, di evidente ascendenza neogotica. Sulla base si legge: "CAN.CO DECANO D.RAF.LE QUAGLIOZZI/PER SUA DEVOZIONE MDCCCII". Il tradizionale paliotto dell'altare è sostituito da una teca che ospita la statua di San Lucio. Ai lati dell'altare, sopra le piccole porte, sono posti due dipinti del Tagliatatela: a sinistra l'Estasi di Santa Teresa d'Avila e a destra il Profeta Elia che attende sul monte Carmelo di essere condotto in cielo dal carro.



In alto ai lati dell'arco sono raffigurati Santa Teresa d'Avita e San Simone Stok che riceve il simbolo dell'ordine. Sul lato sinistro del transetto si apre la cappella del Santissimo Sacramento, chiusa da una cancellata del 1901 voluta dal vescovo Cosenza, e sormontata dalla tela con San Pasquale Baylon che adora il Santissimo Sacramento, firmata e datata "sac. Pasquale Busacca 1935". La cappella ricca di stucchi ed affreschi, è divisa in due vani, il primo, di pianta quadrata, destinato ai fedeli, con cupola e lanternino, ed il secondo che accoglie l'altare in marmi policromi. Nelle unghie della cupoletta sono affrescati: Sant'Agostino, firmato e datato "L.Tagliatatela 1901", San Cirillo, San Tommaso d'Aquino e Sant'Alfonso. Intorno al lucernario, tra tralci di vite e spighe di grano, si vedono la Pisside, l'Agnello di Dio, l'Ostensorio e l'Ostia sacra. Sulla sinistra è posta la preziosa tavola del Cinquecento con la Madonna delle Grazie con i Santi Sebastiano e Rocco e le anime purganti. Di fronte è collocato il sepolcro del vescovo Narni Mancinelli del 1848. Due gradini ed una piccola balaustra neogotica con archetti trilobati e colonnine tortili, separano l'aula dall'altare del Settecento.
Una elaborata cornice neogotica racchiude il pregevole dipinto di Francesco Storace raffigurante il Martirio di San Sebastiano.
Ai lati dell'altare due piccole lapidi narrano la storia della cappella.
Sulla controfacciata al di sopra dell'ingresso è posto un dipinto della seconda metà del Settecento che raffigura Santa Rosa, San Vincenzo Ferreri e Santo domenicano con archibugio. Il dipinto è firmato alla base dell'anfora "VIRINUS PINXIT". Alla sua destra in un oblò è raffigurato Sant'Antonio Maria Zaccaria, fondatore dell'Ordine dei Barnabiti. Segue il primo altare dedicato a Sant'Anna. Nella nicchia è racchiuso il suggestivo gruppo scultoreo in legno policromo di Sant'Anna con la Vergine fanciulla e San Gioacchino. Nell'oblò è Sant'Ignazio di Loyola fondatore dei Gesuiti. La porta di accesso al seminario vescovile, sormontata dallo stemma del vescovo Cosenza, separa il primo altare dal successivo. Il secondo altare è dedicato a Gesù Crocifisso, la cui statua lignea, nella nicchia, è stata arricchita in epoca recente di due angeli in stucco e terracotta. Nel tondo è raffigurato il fondatore dei Filippini San Filippo Neri, che indossa una ricca pianeta ricamata con fili d'oro. Il terzo altare, si differenzia dagli altri cinque in quanto appartenente alla famiglia Del Giudice, di cui si vede lo stemma. È dedicato a San Vincenzo Ferreri, la cui statua è custodita nella nicchia.
Al di sopra del tabernacolo è posto un dipinto raffigurante Santa Lucia, proveniente dall'antico altare ligneo dedicato alla santa, posto in origine dove oggi è la porta del seminario vescovile. Nel quarto oblò è San Carlo Borromeo, con abito cardinalizio.


Sopra l'architrave di accesso al transetto è posta la tela raffigurante il Denaro di Cesare, firmata e datata "Tagliatatela 1931", tra gli esiti più felici del pittore sangiulianese.
Si accede quindi al transetto destro con il cappellone di San Michele Arcangelo. L'altare è simile a quello di fronte nel transetto sinistro, ma più ricco nella decorazione. Fu commissionato dal vescovo Rozzolino nel 1852. Un trompe l'oeil fa, anche qui, da sfondo alla statua del protettore della Diocesi racchiusa in una scarabattoli neogotica. San Michele è raffigurato nell'atto di sconfiggere il demonio. Brandisce la spada nella mano destra e con il piede destro schiaccia il ventre del diavolo respingendolo nuovamente negli inferi. Ai lati dell'altare, in due nicchie ricavate nel muro, sono conservati a destra un mezzobusto di Santo Vescovo, e sulla sinistra San Francesco Saverio che battezza un piccolo fanciullo nero. In alto ai lati dell'arco si riconoscono gli arcangeli Raffaele e Gabriele.
Sul lato destro del transetto, simmetricamente alla cappella del Santissimo Sacramento, si apre la cappella dell'Addolorata. L'ingresso è sormontato dalla tela con la Madonna in gloria con i Servi di Maria, firmata e datata "sac. Pasquale Busacca 1928". La struttura architettonica è simile a quella della cappella sul transetto sinistro: due vani, uno spazio per i fedeli ed uno spazio per l'officiante. Tre lunette decorano il primo vano e raffigurano: il Cuore trafitto con coro di angeli sopra l'ingresso, Gesù nell'orto dei Getsemani sulla destra, e la Deposizione sulla sinistra.


Nei pennacchi della cupola si vedono Angeli con i simboli della Passione: la corona di spine, la colonna della flagellazione, il sudario della Santa Veronica e la croce del martirio. Un cielo stellato ricopre la volta illuminata da un cupolino. A sinistra è custodito il sepolcro del vescovo Rozzolino opera dello scultore Antonio Polidori, allievo del Buccini. Di fronte al di sopra di una teca per ex-voti, è la graziosa cantoria, decorata con angeli musicanti in stucco bianco. Al centro del geometrico pavimento è posto lo stemma del vescovo Cosenza. Una piccola balaustra neogotica protegge l'altare settecentesco che funge da base ad una sorta di baldacchino ligneo con comici tortili, che custodisce la preziosa statua dell'Addolorata, in legno policromo, della fine del Settecento. La prima notizia che ne indica la presenza in chiesa risale al 1878, quando per volere del parroco Minutolo se ne introdusse il culto. Nel 1885 fu fondata la Congrega dei sette dolori, primo nucleo dell'Ordine Secolare dei Servi di Maria. Nel 1901 la cappella divenne santuario diocesano. A tutt'oggi è ancora molto sentita presso i casertani la devozione all'Addolorata del Duomo, come testimonia il pellegrinaggio che puntualmente popola la cappella nel giorno di festa consacrato alla Madonna Addolorata. Vi si accede dal transetto destro. Di pianta rettangolare mostra su tre lati 24 stalli lignei e sul quarto lato l'altare marmoreo voluto dal vescovo Cosenza nel 1906, come si legge ai lati della mensa. Sopra l'altare è posta l'importante tavola di Decio Tramontano raffigurante la Madonna con Bambino in gloria con i Santi Rocco e Michele. Sulla parete di fronte è posta una lapide in marmo bianco a ricordo del vescovo Palladino.